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Teatro

Da Formica a Shakespeare

"Il fantasma di Canterville" di Wilde

"Piazzale Loreto" di Squitieri

"Verso la Mecca" di Fugard

 

 

Da Formica a Shakespeare

   

 

"Tutto Shakespeare minuto per minuto", protagonista, regista ed ideatore è stato Daniele Formica che ha calcato la scena insieme a Francesco Mazzini (allievo di Robert De Niro). In meno di 120 minuti sono state rivisitate tutte le opere di Shakespeare "dalla A alla Z", da Amleto a "Sogno di una notte di mezza estate", in una sorta di parodia. Ingrediente principale della performance è stato la comicità sottile. Il pubblico ha potuto assistere in tempi veloci e ritmi serrati ad una commistione tra il serio e il faceto che ha generato momenti esilaranti strappando l'applauso a scena aperta. Esempio eclatante, la gag di Romeo che paradossalmente si è innamorato del balcone (interpretato da Formica), e scappa con lui. Finale con un blues tratto dalle ultime memorie del bardo. di Noemi Ciano e Angelo Raco

"Tutto il mondo è palcoscenico, avrebbe detto Shakespeare" di Daniele Formica; attori: Daniele Formica, Francesco Mazzini

 

"Il fantasma di Canterville" di Oscar Wilde

   

 

Roma - Presentato alla Sala Umberto, "Il fantasma di Canterville" di Ugo Chiti, liberamente tratto da Oscar Wilde. Cucito addosso a Lucia Poli, un racconto con musica tratto dal testo di Wilde: quasi un monologo che si fa affabulazione. La governante narra la storia dello spettro che vive nel castello di Canterville. Un racconto partecipato, una personalità che si sdoppia fino a scivolare nell'identificazione, come una possessione di un personaggio nell'altro. Wilde, ripropone la lotta tra razionalità e fantasia, la nostalgia per la perdita del mondo romantico, l'evasione dalla quotidianità. Da qui muri di incomunicabilità, gag e battute esilaranti. Sicuramente il più divertente horror di Wilde. La governante Umney che racconta la vicenda, in Wilde è solo un espediente per ricevere, la famiglia americana, quei signori Otis che si scontreranno con l'aristocratico fantasma di Sir Simon de Canterville. di Danila Bellino

 

 

"Piazzale Loreto" di Squitieri

   

 

Pasquale Squitieri, al Festival di Benevento ha proposto in prima nazionale il suo ultimo spettacolo "Piazzale Loreto": quel giorno di follia, di rovesciamento dell'equilibrio, in cui il popolo infierì sul corpo del Duce che aveva tanto idolatrato e su quello della sua amante. Ci ha spiegato, "la rimozione del proprio passato da parte degli italiani; che da sessant'anni a questa parte vivono, per dirla con Alvaro, in una assurda pazzia morale. O, peggio ancora, in una condizione affine alla necrofilia". I fatti vengono rievocati dalla Contessa, Edda Ciano, e da un suo amico, Fosco; la prima cerca ostinatamente la verità storica, argomenta, legge i giornali d'epoca, cita frasi e avvenimenti. Il secondo invece rivede, al di là di un balcone, tutta la scena del piazzale: gli sputi, i calci, le revolverate, i gesti sconci, che la folla, come in una spirale di antropofagia, opera sui cadaveri, violentandoli e rendendoli irriconoscibili.  Se nella prima parte lo spettacolo risente molto del peso dell'argomentazione storica, della citazione, della assoluzione, nella seconda parte si teatralizza, si concentra su Edda Ciano, facendone un'eroina tragica. Lei è la figlia del dittatore ucciso che lamenta le sue tante disgrazie, di cui la morte del padre è solo l'ultima. La forte e incisiva Ottavia Fusco dà a Edda la grandezza di un'eroina greca, che si scaglia non solo contro il destino, ma piuttosto contro il popolo, contro la folla omicida e cannibale, rinfacciando con lucidità il grande peccato italiano: quello della viltà. di Danila Bellino

 

"Verso la Mecca" di Fugard
 


"Verso la Mecca" di Fugard é ambientato in una località sperduta nel deserto del Sudafrica, Karoo. Qui vive Helen, scultrice bizzarra e già avanti negli anni. Il giardino è popolato delle sue strane creature: re magi, gufi, cammelli, tutti girati verso l’oriente a guardare la Mecca. La sua migliore amica, Elsa, viene a trovarla dalla lontana Capetown, allarmata per i toni disperati dell’ultima lettera; scopre così che la comunità protestante del paese e soprattutto il prete che la guida, vorrebbero far entrare Helen in un ospizio. Cerca di convincere la donna a rimanere in casa propria e difendere la sua libertà, finché non arriva il reverendo, Marius, che a sua volta è amico dell’artista, ne conosceva il marito prima che morisse, e rivendica la bontà delle decisioni prese. Nasce un scontro fra i tre, più acceso tra Elsa e il prete, basato sulla libertà e sui principi, intimo e sofferto tra lui e l’anziana donna. Nel dialogo vengono fuori ricordi, intime verità, rivelazioni, segni di insofferenza e di affetto insieme, ognuno rivendica le proprie ragioni, che sono in effetti ragioni del cuore. La regia di Emanuela Giordano gioca sui toni soffusi, evidenziando l’estrema fragilità e umanità dei personaggi, che vibrano delicatamente, come le tante candele di cui Helen riempie la casa. Il testo di Athol Fugard, autore sudafricano nato nel ’32, ha una forte valenza sociale, meno evidenziata nella messinscena; da una parte descrive in pochi tratti le pratiche assurde dell’apartheid nel ‘62, anno in cui si svolge la pièce, dall’altra riempie i suoi personaggi di alcuni lati oscuri, una certa grettezza di Marius per esempio, che sono rivelatori della banalità di quel male sociale, della sua assurda quotidianità. Helen è in questo senso un’anomala, una rivoluzionaria dolce e creativa e l’interpretazione che ne dà Isa Barzizza è commovente e delicatissima. Insieme a lei in scena Giovanni Lombardo Radice, preciso e creativo nel delineare un prete dalle tante certezze religiose e dal grande vuoto affettivo, Maurizia Grossi è convincente nel ruolo dell’insegnante pasionaria che si perde nelle storie d’amore finite male.

 

 

 

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